2. Le inclinazioni ideologico – filosofiche sviluppatesi nel territorio
Ogni indagine conoscitiva, in qualsiasi epoca e parte del mondo, si è avvalsa di criteri di approfondimento e valutazione riconducibili a tre momenti essenziali della riflessione umana:
- la conoscenza acquisita dal puro ragionamento (razionalismo – meccanicismo)
- la conoscenza acquisita dall’esperienza(empirismo)
- la conoscenza acquisita dall’introspezione intimistica individuale (plurime varianti dello spiritualismo)
La fusione più o meno incisiva di ciascuno di questi tre indirizzi ha prodotto la gran parte delle scuole di pensiero contraddistinte dall’influenza piu’ o meno incidente e significativa di questa o quella componente.
L’arte del curare trova il motore del suo sviluppo nella variegata combinazione dei due caposaldi testè descritti: opportunità offerte dal contesto ambientale quale fonte di principi attivi utilizzabili e inclinazioni ideologiche così da determinare nelle varie aree geografiche corrispondenti percorsi terapeutici.
L’ Europa e le sue derivazioni coloniali (nord america e oceania in primis) sono stati i più autorevoli assertori dell’impostazione razionale – meccanicistica, dando forma ad una cultura scientifica rivolta allo studio dei nessi causali e delle origini della materia.
In Oriente il peculiare humus culturale intimistico – spiritualista di ultrasecolare tradizione ha fortemente influenzato anche l’impostazione delle dottrine mediche improntando lo studio fenomenologico verso una semeiotica ispirata all’impostazione bioenergetica ad impronta olistica ovvero attenta e rivolta all’insieme piuttosto che alla singola componente.
Infine i nativi del continente americano e africano, pur con le dovute differenze geografico-culturali e in una distinta cornice di ritualità, avevano evoluto l’impiego di rimedi naturali, vegetali, animali, minerali, in forme semplici e rudimentali ma tramandate e consolidate empiricamente in antichissime pratiche tribali.
Queste conoscenze preservano una loro dignità e valore pur nell’assenza di un proprio corredo documentale “scritto“, confermato dal crescente interesse della comunità scientifica e farmaceutica internazionale verso questi secolari rimedi.
Il fulcro del problema è l’individuazione da parte del Medico Curante dello stato funzionale del soggetto in quel preciso momento, lo stadio di deterioramento e i conseguenti interventi necessari.
Sinteticamente si possono contemplare tre strategie terapeutiche:
1) una “stimolatrice -funzionale” se l’organismo è reattivo allo stimolo curativo con successiva ripresa dell’autonomia anatomo-funzionale, includendo combinati tra loro l’omeopatia-omotossicologia, la fitoterapia, la nutrizione, l’agopuntura, quali tra i più praticati
2) una “sintomatico-surrogatoria” se l’organismo è incapace di recupero autonomo con il solo trattamento “stimolatore-funzionale”.
La farmacologia allopatica tradizionale, dispositivi tecnico-ausiliari-protesici ne costituiscono l’apparato portante .
3)”funzionale+surrogatorio” qualora il quadro complessivo del paziente presenti caratteri di intermedia e incerta risposta
La Chirurgia, rigenerativa- ricostruttiva- riparativa – demolitiva, costituisce un campo di fondamentale imprescindibile valenza da associare e integrare di volta in volta ai due sopradescritti strumenti farmacologici (stimolatore e sintomatico).
Una corretta diagnosi, inderogabile premessa, consente la formulazione di una terapia volta:
- al recupero delle funzioni danneggiate o bloccate
- alla soppressione ed eliminazione diretta dell’agente patogeno (chimico-fisico-microbico -anomalia organica etc)
I progressi tecnologico-scientifici hanno promosso in campo medico l’ultra-specializzazione determinando però un multiforme arcipelago di competenze con conseguente inevitabile smarrimento della visione d’insieme del malato.
Questa cultura settorializzata in compartimenti scarsamente osmotici tra loro spesso evidenzia reciproca diffidenza e scarsa propensione all’integrazione, rivolta più alla salvaguardia settaria di “comodi ” standard acquisiti o, peggio, posizioni di privilegio raggiunte trascurando obbiettivi di comune conoscenza condivisa e collaborante.
In sostanza ciò che attualmente manca è la figura medica del Coordinatore Operativo deputato a organizzare la più efficace simbiosi tra tutte le competenze disponibili in un ottica rivolta alla globalità, biologica e non, del soggetto.
Per globalità biologica si deve intendere la stato funzionale complessivo del paziente idoneo a definire un identikit medico
Per globalità “non-biologica” si deve intendere l’insieme di quelle determinanti condizioni incidenti nella vita del paziente quali:
– condizione economica (agiatezza, disoccupazione,precarietà ,etc)
– condizione residenziale (città, periferia ,campagna ,natura, etc)
– condizione relazionale (famiglia, separazione, solitudine, etc)
– stile di vita ( attivo, sedentario, tossicosi, etc)
Il Coordinatore Operativo deve vagliare le opzioni biologiche e non oggettivamente praticabili nello specifico caso dovendo implicitamente dimostrare in tale ruolo adeguata e pertinenziale preparazione scientifica multidisciplinare.
Questa impostazione differisce completamente da quella prevista dai protocolli generalisti denominati “Linee Guida” le cui procedure contemplano un trattamento pressochè indistinto fatto di schemi curativi uniformi svincolati dalle peculiari caratteristiche del paziente.
Fattori essenziali quali appartenenza di genere, habitat residenziale, età, vissuto personale, stato psichico-emozionale bioritmo individuale, non sono considerati.
Può lo stesso farmaco produrre gli stessi effetti (positivi e/o negativi) nell’uomo e nella donna , universi così differenti, magari residenti chi in un’inquinata città o viceversa in un’amena campagna, nel giovane di 30 anni rispetto all’anziano di 80 con vissuti individuali agli antipodi e conseguente condizione psichica e bioritmi oggettivamente non confrontabili?
L’impostazione a “protocolli generalisti” evidenzia la sua profonda lacuna ponendo nella scelta terapeutica quale interlocutore privilegiato la malattia e non il malato rivelando così tutte le criticità sopradescritte oltre a contravvenire macroscopicamente ai dettami basilari della scienza medica ove centrale è la specificità del singolo paziente con le sue distintive peculiarità e non un anonimo denominatore comune.
In tal senso la Scienza Medica andrebbe totalmente riscritta.
UNAMEDICINA è una condotta operativa che propone l’unificazione e integrazione di tutte le discipline mediche consapevole dei limiti e delle difficoltà proprie di questa materia, determinata ad avvalersi di ogni mezzo terapeutico con dimostrate capacità curative nella valorizzazione di ogni sua branca quale ausilio reciprocamente complementare e sussidiario libero da aprioristiche gerarchie e viziati preconcetti .
Purtroppo per noi la biologia è l’antitesi della semplificazione, esigenza tipicamente umana, e nostro malgrado con questa complessa realtà dobbiamo umilmente confrontarci e accettare.
Dott. Roberto Russo
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