Questi temi incidono a vario titolo e ruolo nei sopramenzionati eventi morbigeni ma data la loro complessità esigono uno specifico approfondimento e trattazione.
Si può genericamente affermare che esplichino i loro effetti sia nell’ indebolire l’ospite rendendo il terreno “maggiormente vulnerabile all’insorgenza di malattie che nel selezionare un’agente microbico supportante nuovi avversi quadri clinici.
Gli esecutori materiali o diretti effettori finali sono rappresentati dagli agenti microbici, batteri virus miceti , non divisibili in compartimenti stagni ma reciprocamente interagenti in una complessa coabitazione.
Nel corso degli ultimi decenni la loro espressività biologica si è profondamente modificata evidenziando indici di progressiva resistenza farmacologica:q uale evento ha determinato questa mutazione nell’attività di questi microorganismi tali da renderli più patogeni ed invasivi?
La causa è imputabile all’ abnorme quanto ingiustificato ricorso a trattamenti chemioterapici antiinfettivi nella loro scelta qualitativa e soprattutto quantitativa.
Gli antibiotici rappresentano la categoria terapeutica in cui tale consumo ha raggiunto il maggior abuso.
E’ esperienza quotidiana, a volte sconcertante, constatare la disinvoltura con cui tale presidio terapeutico venga somministrato o assunto autonomamente dal paziente ignorando completamente le naturali ed inevitabili conseguenze.
Oltre alle singole interazioni organo-specifiche ,variabili da antibiotico e soggetto coinvolti, l’evento microbiologico preminente è costituito dalla selezione di ceppi resistenti all’azione farmacologica.
Sostanzialmente il principio attivo antibiotico non riesce ad azzerare la flora batterica ma soltanto alcuni ceppi risparmiando altri che per le loro peculiari caratteristiche sono praticamente indifferenti a questo intervento farmacologico tanto da determinarne un rafforzato insediamento con più o meno momentaneo predominio .
Questa loro peculiarità era rimasta potenziale in quanto la coesistenza con la numerosa e variegata popolazione microbica ne determinava una competizione per la sopravvivenza, di per sè autolimitante e autoregolatrice un eventuale abnorme prevalere di questo o quel gruppo.
Questo equilibrio non è indissolubile o permanente , anzi è in continuo evolversi e metamorfosi essendo soggetto all’influenza di numerosi fattori in grado di innescare sia una modulazione di rappresentanza delle famiglie microbiche che la rottura di questa omeostasi, fondamentale stadio iniziale dell’infezione.
Se i fattori difensivi dell’organismo ospitante sono efficienti lo sviluppo patologico si arresta ad una fase asintomatica subclinica, viceversa si andrà incontro alle peculiari conseguenze di quella specifica infezione.
In questo modo si esplica la naturale interazione tra ospitante-ospite nella quale quelli reciprocamente compatibili danno luogo ad una simbiosi utile e vitale.
Oggettivamente le numerose e continue influenze o ingerenze esterne,distinguendo le une dalle altre dalla naturalità o meno dell’evento, rendono lo status simbiontico tale fino a quando uno dei due non ha il sopravvento sull’altro.
Questa indivisibile combinazione articola una complessa e dinamica convivenza dove i protagonisti mutano e adattano di volta in volta le loro variabili ed imprevedibili attitudini alla sopravvivenza.
Lo scenario finora descritto contempla quindi tre fondamentali fattori interagenti:
Un’ottimo modello di studio per vagliare gli adattamenti reciproci è rappresentato dal gruppo dei “ batteri estremofili “.
Con questa dizione si definiscono quei batteri capaci di sopravvivere a condizioni inusuali in quanto estreme,come abnormi livelli di pH – salinità -temperatura- pressione-radioattività, annoverando tra queste anche il chimismo ambientale in particolare quello farmacologico.
La ricerca scientifica mostra un crescente interesse per i batteri estremofili date le potenziali implicazioni ad un loro variegato utilizzo,per ora circoscritto al settore ecologico ed energetico senza precludere prossimi sviluppi in altri campi.
Data la sempre più nutrita schiera di campioni studiati si possono citare a titolo puramente esemplificativo tre ceppi dalle caratteristiche sorprendenti e straordinariamente significative.
Il Thermococcus gammatolerans EJ3, il cui rinvenimento è avvenuto nel 2003 alla profondità di 2000 metri al largo delle coste californiane in uno sbocco idrotermale, deve la sua denominazione sia alla termofilia,che può raggiugere i 95° C, ma soprattutto alla capacità di tollerare elevatissime dosi radianti. Comparativamente l’essere umano resiste ad un’esposizione massima di 10 Gy (Gy = 1 gray unità di misura delle radiazioni), una colonia di Escherichia Coli di 60 Gy, lo scarafaggio di 200 Gy, la drosofila o moscerino della frutta di 640 GY, la vespa 1800 di Gy: il Thermococcus gammatolerans EJ3 arriva a sopportare una dose di 30000 Gy.
Il Deinococco radiodurans, scoperto nel 1956 nel corso di un esperimento finalizzato allo studio delle proprietà sterilizzanti delle radiazioni sugli alimenti in scatola, è da considerarsi una variante diversificata del precedente in quanto “ poliestremofilo”.
Infatti oltre ad essere un eccezionale radioresistente, fino ai 15000 Gy, perdura a condizioni estreme di temperatura disidratazione vuoto raggi UV e sostanze tossiche.
Per queste sue peculiari caratteristiche è un procariote molto studiato tanto che il settore biotecnologico è riuscito ,tramite complesse applicazioni di ingegneria genetica, a sfruttarne le proprietà nelle decontaminazioni da mercurio e tuolene.
L’Halomonas GFAJ-1 è balzato alle cronache scientifiche nel 2010 quando una ricerca pubblicata su Science da un gruppo di astrobiologi della NASA dichiarava di aver isolato un batterio dal lago Mono Lake, sito nel parco californiano Yosemite noto per l’elevatissima salinità e basicità, capace di resistere all’elevatissima concentrazione d’arsenico propria di quel bacino lacustre e di utilizzare quasi esclusivamente tale tossico elemento come sostituto del fosforo nei suoi processi metabolici, anche i più importanti.
Successivamente altri due studi riformularono tale tesi rimodulando le iniziali affermazioni: fu dimostrato che in assenza totale di fosforo, elemento essenziale a molteplici basilari funzioni, il microorganismo apportava una metamorfosi metabolica tale da consentirgli di adottare l’arsenico quale sostituto strutturale .
Ciò innescò un dibattito molto aperto nella comunità scientifica poiché siffatta scoperta alimentava giustificatamente l’ipotesi di forme di vita,potenzialmente presenti nell’infinità dello spazio, diverse da quelle terrestri ed aventi altri adattamenti alla sopravvivenza biologica ampliando i contesti ambientali capaci di una propria espressione vitale.
Da questi esempi si evince che la cellula procariote pur di sopravvivere è in grado di apportare modificazioni tali da rendere compatibile anche un’ambiente ostile o ritenuto impossibile fino ad allora.
Nel chimismo ambientale un ruolo specifico di interferenza biologica sulla biosfera batterica è svolto dagli agenti antibiotici.
Con l’introduzione di quest’ultimi a cavallo della seconda guerra mondiale si è iniziato e prodotto un processo inevitabile di selezione delle popolazioni batteriche progressivamente accentuatosi nei decenni successivi.
Basti pensare che solo dopo cinque anni dall’introduzione della penicillina il 50% delle specie erano diventate insensibili alla sua azione, come peraltro lo stesso Alexander Fleming avvertì e paventò.
La resistenza batterica alle molecole antibiotiche è un fenomeno duplice in quanto oltre alla selezione vera e propria può contemplare una forma di estremofilia farmacologica tramite complessi meccanismi molecolari di adattamento e risposta a questa presenza, rispondendo anche in questo caso alle primordiali esigenze di autoconservazione del batterio.
“In questa convivenza “ il fattore determinante la certa supremazia batterica è la velocità, elevatissima, con cui questi microrganismi attuano le trasformazioni di resistenza all’azione antibiotica tale da complicare l’adeguata risposta immunitaria verso un agente così efficiente ed innovativo.
Questa disputa a due velocità si replica con disarmante evidenza nel confronto con l’individuazione e produzione di nuove molecole capaci di fronteggiare siffatta versatile attitudine presagendo una battaglia persa in partenza, in gran parte già iniziata.
Il batterio, come altri microrganismi, riproduce un perfetto modello di macchina biologica autoconservativa equiparabile ad una cassaforte primordiale dei parametri vitali essenziali, in particolare DNA – RNA – proteine, quale destino depositario dei codici iniziali del sistema vivente , straordinariamente ed efficaciemente salvaguardato.
Per tutte queste ragioni negli ultimi anni si è fortemente attenuata la ricerca farmacologica antibiotica i cui costi potrebbero esser corrisposti da incerti benefici terapeutici e soprattutto insoddisfacenti ritorni economici all’industria farmaceutica.
In quest’ottica l’esperienza antibiotica è destinata a consumarsi al massimo nel giro di pochi decenni, rimanendo negli annali della medicina come percorso terapeutico antibatterico del XX secolo caratterizzato da luci e ombre, sicuramente mal gestito ed utilizzato.
Attualmente l’unica e plausibile indicazione al loro utilizzo è, come nel passato, la testata efficacia verso un evento infettivo batterico correlato alla contestuale dimostrata incapacità dell’organismo nel fronteggiarlo dopo appropriati tentativi di stimolazione e attivazione delle difese immunitarie e ottimizzazione delle condizioni generali.
Tutti gli altri casi sono da considerarsi una pericolosa ingerenza oltreché un deleterio boomerang a “ritorno immediato”: pratiche quali la profilassi – copertura – prevenzione antibiotica essendo azioni precedenti una potenziale contaminazione devono essere soggette a profonda e radicale revisione essendo le stesse premesse microbiologiche e farmacologiche a contrapporsi a tali impostazioni.
Gli antibiotici hanno svolto un ruolo antagonista verso un agente talvolta diversamente patogeno, il batterio, e in questo agire hanno segnato il loro stesso declino marcato da una pesante eredità microbica ancora tutta da quantificare e definire.
La più importante frontiera della conoscenza dello stato di salute e degli strumenti per mantenerlo tale è e sarà sempre il corpo umano con le sue prodigiose risorse,tuttora in gran parte ancora sconosciute, associata alla costante contestuale rigorosa analisi di quei presidi terapeutici,storici o più recenti, sempre finalizzati al suo ripristino e potenziamento strutturale e funzionale.
Dott. Roberto Russo
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